mercoledì 30 luglio 2008

"Cappotto di legno" di Emanuela Rullo

Promesse mantenute, Napoli libera dai rifiuti, se non ci credi vieni a vedere, ma non ti fare troppe domande, tanto a che serve, non farti domande su dove scaricano o da dove arrivano i tir carichi di rifiuti tossici, radioattivi, utilizzano solo l’ofantina per andare altrove, ma sicuramente, mica scaricheranno in provincia, non chiederti come sono state pulite le strade, non chiederti come è stato risolto il problema rifiuti, non chiederti come lo stato sta occupandosi del problema dell’occupazione, del rilancio del Mezzogiorno, dell’emigrazione giovanile, hai votato qualcuno o qualcuno lo ha fatto per te, ora puoi disinteressartene, puoi occuparti dei tuoi problemi quotidiani, non devi seguire i loro movimenti, c’è la TV che ti tiene informato, non navigare su internet, non acquistare i giornali, la TV è libera informazione e poi è estate, culi e tette in libertà abbondano in programmi di svago, non puoi stare sempre a preoccuparti del pianeta che muore, dei tuoi figli che non hanno futuro, non puoi fare nulla d’altronde, sei solo una pedina, non sei seduto al tavolo e non stai giocando, ma questo ti dice una cosa però: sicuramente non stai vincendo.
E allora così giusto per passare un po’ di tempo mica per pensare, mica per riflettere, senza nessuna pretesa di giungere ad alcuna logica conclusione finale, mettiamo solo parole l’una dietro all’altra, in un trenino lento lento, su un solo binario come quelli del nostro sud tanto efficienti, così giusto per raggiungere quella stazione in mezzo al deserto senza capostazione e senza fermata di cui qualcuno sicuramente aveva tanto bisogno. Prendiamo allora una parola, una a caso, che tanto si sente, ah sì la parola Stato, parola perché solo di parola si tratta, così giusto per dare importanza all’articolo, non per altro. La parola Stato ebbene indica un ordinamento giuridico (insieme di norme), sì, che si propone di conseguire delle finalità generali, cioè quei fini di carattere generale che, in un dato momento storico, una certa collettività si pone per una pacifica convivenza ed uno sviluppo sociale. Di tutti quindi, bene, e il nostro Stato? Il nostro Stato qualificandosi come democratico-sociale si caratterizza per il principio di costituzionalità per cui i principi ed i valori condivisi in una società formata da varie classi sociali vengono formalizzati ed enunciati in una Carta Costituzionale, a garanzia e tutela di tutti si intende, per il riconoscimento e la promozione dell'autonomia delle formazioni sociali che si trovano a metà tra l'individuo e lo stato come i partiti, le comunità territoriali, le associazioni di categoria etc., per la creazione di un'economia mista dove l'iniziativa pubblica si accompagna a quella privata, per lo sviluppo di una legislazione per la tutela del lavoro e della sicurezza sociale nonché per una maggior attenzione per la materia economico–sociale, ah e sì, anche per l'affermazione del principio democratico della sovranità popolare. Ma era ovvio. Ecco, ed ora? Mah, giusto per svagarsi un po’ per divertirsi a questo bel quadretto potremmo aggiungere uno squarcio, sì ma fatto come si deve, come quelli di Fontana, darebbe proprio un tocco di modernità, e nessuno noterebbe la differenza, se fatto bene ovviamente, se fatto a regola d’arte, mica uno squarcio qualsiasi.
Allora diamo sfogo alla nostra immaginazione, il punto di partenza di questo squarcio potrebbe essere la conquista di una parte significativa dei media, inizialmente gestiti in modo apparentemente neutrale tramite indovinate trasmissioni di puro intrattenimento e notiziari ben costruiti, che ti danno le notizie, quelle vere, che accendono i faretti sui segreti italici e le pecche di questo stato, per attirare la massa degli spettatori e degli elettori … no degli elettori e degli spettatori…ma in fondo è uguale no? Si procederebbe quindi a manipolare gradualmente quei programmi dedicati all'informazione ed allontanare gli spettatori da qualsiasi valore e ideologia, e poi all'assunzione di adeguati personaggi che pian piano preparino il terreno ad un leader politico che, anche senza esprimere alcuna ideologia con martellante continuità riuscisse a portare dalla sua parte l'elettorato. Il nuovo leader circondandosi orsù dunque di un gruppo di uomini politici particolarmente fedeli e controllabili, senza mutare l'aspetto esteriore del preesistente sistema, quello del quadretto fatto sopra per intenderci, di fatto lo svuoterebbe di ogni caratteristica democratica, per sostituirlo con un nuovo modello autocratico fondato e sostenuto sulla videocrazia. Fantascienza! Questo sì che sarebbe uno squarcio fatto a regola d’arte! Lo spettatore-elettore, gradatamente allontanato dallo scenario reale, perderebbe di vista il mutato quadro di gestione del potere politico, i propri diritti e i doveri di quelle autonomie alle quali viene delegato l’esercizio del suo potere sovrano, comincerebbe a confondere il concetto di popolo con il sistema della tifoseria calcistica, dove puoi essere tifoso ma non devi necessariamente andare a fare baldoria in curva sud, puoi guardarti la partita anche tranquillamente dalla curva nord oppure da casa alla TV comodamente affondato nel tuo divano. E si potrebbe osare anche un perfetto parallelismo tra esercito contro liberi cittadini che manifestano e poliziotti contro tifosi violenti! Alla fine, allora, stanco ed eccitato l’elettore-spettatore smetterebbe di pensare, affidandosi consciamente a quei grandi uomini che hanno avuto la capacità di fare tanto e bene e che quindi sicuramente si prodigheranno per il suo benessere.
Eh sì, uno squarcio degno di Fontana, non c’è che dire. Eppure qualcosa ancora mi sfugge, e alla fine di questo mio discorso estivo assolutamente disarticolato e sconclusionato voglio porvi una domanda, sì una specie di quiz estivo, un rebus come quello della settimana enigmistica, così potete portarvi il giornale in spiaggia e trovare la soluzione al mio rebus nel trenino di parole su delineato. Ebbene ciò che non comprendo, che non è a me molto chiaro, alla fine dei giochi, e io parlo da pedina ovviamente, è: in questo intoccabile stato democratico–sociale questo cappotto di legno che vedo costruire con tanta cura attorno al mio quadretto senza squarcio, attorno alla mia Terra forte e fiera, attorno al mio popolo tranquillo e spensierato… a che servirà mai? mah! Ma ho pensato troppo per oggi, nel prossimo numero, nel prossimo numero la soluzione!

R.E. Rullo Emanuela

martedì 29 luglio 2008

Comunicato di "L'Altra Sicilia"

Pubblico un interessante comunicato di L'Altra Sicilia, uno dei movimenti che dovrebbe confluire con noi del Partito del Sud nella prossima confederazione unitaria dei meridionalisti.

Come non condividere al 100% l'analisi lucidissima dell'amico Francesco sul bivio in cui si trova l'MPA e come non condividere al 100% la sua proposta di macroregione autonoma napolitana?

Questo e' il "federalismo" che noi vogliamo, questo e' il "federalismo" per il Sud per il quale dobbiamo batterci e non è il "federalismo" contro il Sud che stanno proponendo con l'attuale governo.

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Ormai è quasi certo. Il federalismo di Calderoli sarà una bufala per la Sicilia: niente applicazione del nostro Statuto (alla faccia della costituzione), niente Alta Corte, niente sconti energetici o proventi tributari su questi prodotti, niente di niente. Anzi, forse, persino la minaccia di toglierci il "pezzo di carta", una volta che ne chiediamo l'applicazione. Per il sud continentale poi si profila una vera e propria tragedia nazionale, l'ennesima, l'ultimo saccheggio.

Chi li difenderà? Chi ci difenderà?

Il PD, l'IDV? Non possono, hanno paura che una politica troppo meridionalistica faccia loro perdere voti al nord. Ma a noi non ce ne frega niente dei voti al nord!

L'MPA chiede, va riconosciuto, anche con fermezza, che il federalismo sia al contempo non troppo sfavorevole al sud e rispettoso degli statuti speciali esistenti.

Ma non lo ascoltano, non ne hanno bisogno:la ditta Berlusconi, Bossi e Tremonti va come un rullo compressore a colpi di fiducia, forte di un Parlamento fatto di camerieri e di veline, incapace di dire di no al "padrone" che li ha messi là, non scelti, in quanto individui, da nessuno!

E che può fare allora Lombardo? Impuntarsi, e nulla più. Avrà il coraggio di minacciare realmente ed eventualmente di mettere in atto una sua fuoriuscita dalla maggioranza se non gli concederanno neanche un minimo? Dovrebbe farlo, altrimenti è finita. Già stanno infatti progettando di farlo fuori dalle europee con lo sbarramento: anche se in Sicilia prendesse il 25 % non avrebbe ugualmente alcun diritto di tribuna (e dire che le liste autonomiste alle regionali hanno superato complessivamente il 22 %!).

Questo governo, che si preoccupa (giustamente) del diritto di tribuna della Sardegna e che vuole sopprimere ogni residua rappresentanza al Parlamento Europeo di una nazione (la Sicilia) più grande di metà degli stati europei, non promette nulla di buono.

E del resto lui, come noi, è l'unico che può fregarsene dei "voti al nord", della millantata "questione settentrionale".

Se hanno gli attributi i settentrionali chiedano la secessione, o altrimenti stiano in Italia da persone civili. Nel primo caso non saremo certo noi Siciliani a trattenerli.

Come fare, però, a conciliare la questione meridionale con la questione siciliana?

Come fare a salvare le prerogative e l'identità della Sicilia senza restare isolati dagli stessi meridionali, risultando minima parte elettorale?

Noi un suggerimento l'abbiamo, la carta vincente che risolve finalmente il dualismo italiano. Ne facciano gli autonomisti una bandiera! Escano allo scoperto i tanti pavidi ancora nascosti nei partiti nazionali. E sarà la vittoria.

Come? Semplicissimo: unire le 6 regioni meridionali continentali in un'unica "Macroregione" a statuto speciale CON L'IDENTICO STATUTO AUTONOMO DI CUI OGGI GODE LA SICILIA! Unica modifica potrebbe essere quella di unire la nostra e la loro "Alta Corte" in un'unica "Alta Corte delle Due Sicilie", con sede a Roma, a tutela della nostra e della loro autonomia. Se vogliono unirsi a questa lotta di liberazione i Sardi, ben vengano, ovviamente mantenendo come noi siciliani, ma anche più di noi, la loro autonomia e la loro specificità.In ogni caso mantenendo, come è sempre stata viva aspirazione dei Siciliani, le due regioni-stato distinte, i due Popoli delle Due Sicilie marcerebbero ora loro come un rullo compressore lasciando le briciole a Berlusconi e Veltroni che invece dovrebbero rifugiarsi dai loro tanto amati elettori del centro-nord!

Fratelli Napolitani, raccogliete questo nostro suggerimento!Studiate il nostro Statuto: sarà la Vostra libertà!

Modifichiamo appena l'art.1 Statuto Speciale della REGIONE NAPOLITANA "I Comuni della Repubblica Italiana il cui territorio già era ricompreso nella parte continentale del Regno delle Due Sicilie, ivi compresi Pontecorvo e Benevento, sono costituiti in regione autonoma... La città di Napoli è capoluogo della Regione...." e così via, con una sola modifica in seguito per unificare le due "Alte Corti".

Pensateci: avremo di nuovo Banco di Napoli e Banco di Sicilia rifondati che emetterano moneta pubblica e non soggetta a signoraggio (art. 40 statuto); avremo ciascuno un nostro ordinamento tributario sovrano (36); le imprese che avranno sede fuori dalla regione dovranno versare le imposte in base al reddito prodotto o ai consumi manifestati nella regione (37) e non in base alla sede legale; con la potestà esclusiva nelle scuole elementari potremmo ricreare l'identità negata dei nostri popoli; tutte le funzioni statali nel territorio passerebbero alle regioni che diventerebbero così semi-indipendenti e non continuiamo solo per brevità. E così i "padagni" non rompono più.Chiediamo solo ai cittadini dell'Aquila, di Campobasso, di Bari, di Potenza e di Catanzaro, di mettere da parte i campanilismi che servono solo al malgoverno italiano per mantenere inoffensivi e divisi i "meridionali". Le attuali province possono bene ereditare le funzioni amministrative delle regioni e trasformarsi in "liberi consorzi di comuni" come in Sicilia. Potrete proclamare lingua ufficiale, accanto all'Italiano, il Napoletano (parlato e compreso dappertutto, in diverse varianti, tranne in Calabria e in Salento, dove potreste/dovreste riconoscere il Siciliano nelle sue due varianti locali).

L'Italia può forse reprimere 5 milioni di Siciliani, ma non potrà mai reprimerne 5 + 14 di DuoSiciliani.

Se non avrete mire "imperialistiche" sulla Sicilia che come in altri tempi ci porterebbero alla rovina, nessuno potrà fermarci.

Noi non siamo poveri per natura, lo siamo perché depredati di tutto. Spezziamo insieme le catene del colonialismo italico.

Viva la Sicilia! Viva la Napolitania! Viva le Due Sicilie!

Ufficio stampa
L'ALTRA SICILIA
- Antudo
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mercoledì 16 luglio 2008

Meridionalismo, etica e “alleanze”

Il fermento di tanti movimenti meridionalisti è sicuramente un fenomeno positivo, il fatto che alcuni di questi movimenti stanno crescendo, non sono più poche persone arroccate nell’organizzazione di convegni e nella sola, pur importantissima, diffusione culturale, è di sicuro un altro fatto positivo e forse (speriamo!) il segnale di un inizio di riscossa da tempo attesa. Altro segnale positivo è che molti di questi movimenti sono chiaramente identitari, non avendo paura di dire che la colonizzazione della nostra terra è iniziata nel 1861 con la nefasta Unità d’Italia e che quest’Italia oramai alla deriva, come nell’ultimo best seller di Rizzo e Stella, è nata male e soprattutto quando si e' sviluppata lo ha fatto soprattutto al Nord ai danni del Sud.
Il problema tra i vari movimenti nasce sempre sul COME raggiungere i nostri obiettivi, siano questi di autonomismo o di indipendentismo o almeno di ripresa economica e sociale del Mezzogiorno, e qui ci sono almeno due scuole di pensiero che hanno per me pari dignità, ma non la stessa probabilità di successo e di coinvolgimento.
Secondo una tesi, noi siamo troppo deboli, con pochi mezzi economici e soprattutto troppo pochi per un movimento autonomo e quindi abbiamo bisogno di allearci da subito con altre formazioni politiche o infiltrarci in una di queste.
La domanda sorge spontanea, come diceva Lubrano, ma queste formazioni politiche non sono quelle che direttamente o indirettamente hanno mantenuto la nostra colonizzazione per quasi 150 anni?
Chi spera in un movimento nuovo come l’MPA come si troverà in una coalizione che manda la brigata Garibaldi a Chiaiano? Con chi si schiera, con la nostra gente o con il governo padano che manda l'esercito più o meno come nel 1861?
E chi spera in un appoggio della Lega Nord come farà a prendere il voto dei nostri compatrioti al Nord dove si presenta con un simbolo storicamente antimeridionale o al Sud dove il simbolo Lega Nord è visto col fumo negli occhi?
Molti dicono che dobbiamo imparare dalla Lega Nord e dal suo successo, io obietto che noi non potremmo mai cavalcare l’onda razzista dei Borghezio e Calderoni, il razzismo non e’ nel nostro DNA; potremmo prenderli di esempio come forza “anti-sistema” e “anti-partiti” tradizionali guardando un po’ alla Lega Nord degli inizi violentemente anti-sistema in epoca Tangentopoli.
Solo dopo aver avuto una riconoscibilità evidente come movimento autonomo, si potrà pensare alle alleanze “tattiche” con il centrodestra o il centrosinistra, concetti oramai superati e sempre più in crisi, guardando alla Lega o all’MPA o all’IDV.
Nella crisi politica attuale, si inserisce la grave crisi economica del belpaese, il Nord e’ fermo ed il Sud arretra, di fronte a questi scenari è ovvio che qualsiasi governo non godrà mai dell’appoggio popolare come oramai succede da 15 anni a questa parte di questa falsa 2 Repubblica e ci sarà un’alternanza di esperienze fallimentari fino a quando non esce qualcosa di realmente nuovo e noi idealmente dovremmo puntare ad essere identificati come “nuovo”, specie per la nostra terra.
Questo è l’aspetto politico della questione ma ce n’è anche un altro, a mio modesto avviso ancora più importante, è quello etico.
Se vogliamo portare la bandiera del nuovo meridionalismo, dobbiamo essere diametralmente opposti ed alternativi ai metodi e alle persone del meridionalismo ascaro tradizionale, quello “alla Mastella” o “alla Lombardo” per trovare subito un facile esempio. Questo modo di far politica è quello che ha mantenuto lo status quo del Sud asservito economicamente alla “Toscopadania”, come la chiama il nostro Prof. Zitara.
Se vogliamo proporci ai nostri ragazzi, ai tanti disoccupati e ai tanti giovani costretti ancora ad emigrare ancora oggi, non possiamo non essere diversi dallo squallore della politica meridionale del dopoguerra e della Prima Repubblica e che continua con cambi di etichette con la Seconda Repubblica. Dobbiamo essere diversi dai soliti metodi dello scambio di favori e poltrone, dalla consuetudine di organizzare clan politico-mafiosi-imprenditoriali e dalla politica come fine e professione piuttosto che come mezzo per esprimere il sentimento e le aspirazioni del nostro popolo.
Quindi non è per voler esser “duri e puri”, come qualcuno mi ha detto, ma per una chiara scelta politica ed etica propongo a tutti i compatrioti di costruire una NOSTRA casa comune ed un NOSTRO movimento politico e poi, solo dopo, ci porremo il problema di alleanze tattiche con uno schieramento o con l’altro, con un partito o con un altro.
“I have a dream”…un giorno noi non saremo più la colonia del Nord e diventeremo un paese moderno, efficiente e con la nostra autonomia o la nostra indipendenza dal resto dell’Italia, torneremo ad occupare il nostro ruolo storico e torneremo ad essere quella culla di civiltà al centro del Mediterraneo, il ruolo che abbiamo occupato per secoli prima con la Magna Grecia poi con Federico II e poi con il Regno delle Due Sicilie. Con qualsiasi tattica e con qualsiasi leader raggiungeremo quest'obiettivo io voglio esserci...speriamo presto!

W LA PATRIA NAPOLITANA!

Enzo Riccio

PARTITO DEL SUD - SEZ. “LUCIO BARONE” ROMA

giovedì 10 luglio 2008

Fenestrelle 6 luglio 2008: per non dimenticare!




Giornata indimenticabile per tutti gli amanti della nostra terra e della nostra storia!

A Fenestrelle (TO) e' stata finalmente messa una targa a ricordo delle migliaia di soldati dell'esercito delle Due Sicilie morti in quel tetro lager savojardo.

La loro colpa è stata quella di rimanere fedeli al loro re, al nostro re napoletano Francesco II, e di non passare all'esercito piemontese...per questo sono stati incarcerati in celle senza finestre dove sono morti a migliaia di fame, stenti, freddo e malinconia...coi corpi sciolti nella calce viva.

In quest'Italia vigliacca che e' nata dopo il 1861 con l'aggressione garibaldina e piemontese, la prassi e' quella di saltare sul carro del vincitore; i nostri martiri all'epoca non l'hanno fatto e per questo loro coraggio e per la loro dignità meritano di essere ricordati come esempio nobile da tutti noi.

Una delegazione di Roma ha partecipato alla commemorazione e a questa giornata storica, con discorso emozionante del nostro Duccio Mallamaci e la partecipazione commossa di altri movimenti borbonici come i Comitati delle Due Sicilie e di altri amici meridionalisti identitari.

Le prime foto sono on line su:


http://www.flickr.com/photos/2sicilie/sets/72157606075227861/with/2653723710/

giovedì 3 luglio 2008

Bellissima lettera di Andrea Balia

Non aggiungo nessun commento a queste considerazioni del compatriota Andrea Balia che trovo condivisibili al 100%...


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Più passa il tempo e più mi convinco che questo paese chiamato Italia è ormai incartato, ripiegato su sé stesso e senza soluzioni. Nato male, con un’economia sbilanciata e con sopite ma mai scomparse crisi di rigetto al suo interno che potrebbero sempre esplodere. Governato peggio da monarchie truffaldine, regimi dittatoriali e da precarie democrazie repubblicane.

Un paese che si ritrova attualmente con un governo ed una opposizione non capaci di assolvere ai loro ruoli. Un governo che invece di affrontare i reali problemi dei suoi cittadini pone come priorità cose che si è dimenticato di citare in campagna preelettorale: i soliti problemi processuali del suo premier, l’iniziativa di prendere le impronte digitali ai bambini rom (sic!!!), e la promessa (quella sì, proclamata da tempo!) di lasciare ai posteri l’opera magna - come da littoria memoria – del ponte dello stretto. Neanche in fatto di “monnezza” grandi novità: Bertolaso c’era stato già prima, i rifiuti - a tre mesi dal suo insediamento – sono anche loro ancora lì, forse le forze alleate convinceranno qualche altra regione a dare una mano per supportare rispetto a questo problema l’immagine del premier, che in compenso ha abituato i napoletani alla sua rituale presenza in città che, sì, blocca ogni volta un po’ il traffico, ma tanto li solleva!

Dall’altra sponda l’opposizione è tutto un programma. Il maggiore partito, sbandierato come la novità del secolo, è sonnacchioso, disponibile ad un atteggiamento buonista da associazione da oratorio e con irrisolte diatribe interne. L’opposizione ambientalista e vetero comunista fuori dal parlamento a leccarsi ferite difficilmente rimarginabili, e Di Pietro assunto all’inconsueto ruolo d’unico oppositore con un minimo di credibilità.

Adesso mi direte: e che c’entrano i meridionalisti e la memoria storica con tutto ciò? C’entrano, c’entrano…tranquilli!

I meridionalisti una ventina d’anni fa, uscendo da decennali letarghi fatti di dimenticanze, omissioni, teste chinate ai poteri e ai leaders partitici, hanno iniziato a fronte di studi, ricerche, ritrovamenti di testi, analisi dei più attenti, a togliere la polvere dalle pietre, a rivendicare il recupero della dignità, a raccontare una storia diversa da quella scritta dai vincitori, e, con l’aiuto di associazioni culturali, coraggiosi giornali, l’avvento di internet e di consequenziali siti in merito, e movimenti precari ma volenterosi, a reclamare il riappropriarsi della memoria storica.

Siamo giunti ai nostri giorni, e, tra un governo che toglie l’Ici prendendo i soldi da quelli destinati ad opere infrastrutturali per il Sud (ad esempio la Napoli/Bari di borbonica memoria) e l’opposizione distratta da sempre rispetto alla “Questione Meridionale”, come probabilmente inevitabile ed auspicabile, l’approccio alla creazione d’una rappresentatività politica del Sud è stato il logico risultato. Le posizioni degne di nota al momento appaiono sostanzialmente tre:

1)l’arroccamento a monte delle associazioni e dei movimenti storici meridionali che, oltre a rivendicare una primogenitura, sono per il proseguimento di sole attività culturali, ritenendo ancora prematuro il salto politico. In parte potrebbe esser vero per un coscienza non ancora definita dei meridionali, ma improponibile per una realtà talmente vessata e degradata, che non permette più la procrastinabilità di una decisione;

2)la discesa in campo di quel Partito del Sud, creato simbolicamente a Gaeta da Antonio Ciano che né è ad oggi il rettore pro tempore. Degno di nota è l’aver rappresentanze e liste in Lazio, Puglia, Sicilia e financo in un’attenta delegazione in Emilia e Romagna. Altrettanto rispettabile è la volontà d’aggregare e/o federarsi con altri movimenti meridionalisti, perché si sa che l’aggregarsi è meglio che il dividersi. Due osservazioni: strano e direi grave che ad oggi ancora non esista una delegazione campana visto l’importanza storica e simbolica della capitale del Sud e il momento grave di Napoli in questi tempi. E un’attenzione che si auspica maggiore a far salire sul carro chi lo merita, perché movimenti come la Lega Sud – per assonanza, simbologia, riferimenti, e presenza attiva sul territorio, non so se abbiano i requisiti giusti per sedere a quel tavolo. In ultimo la dichiarazione più esplicita e precisa d’un programma propositivo darebbe ulteriore credibilità ai sicuri riferimenti storici e di memoria.

3)la recente discesa in campo di L’Altro Sud – Unione Democratica del Sud, nato dalle teorizzazioni, studi ed esperienze del dott. Antonio Civita Gentile, meridionalista della prim’ora e tra i più preparati tra i soggetti di spicco dell’attuale meridionalismo. Programma accurato e definito che si rifà al regionalismo europeo e agli scritti ed al pensiero di Guido D’Orso, una ricerca incoraggiante di adesione giovanile e sostanzialmente un’insolita serietà di comportamento rispetto ad uno spontaneismo spesso tendente al folklorico d’un certo meridionalismo. Però. però…

E qui arriviamo al terzo punto di queste dissertazioni, come scritto nel titolo: la memoria storica.

Che i movimenti e le associazioni che iniziarono la campagna mediatica del meridionalismo degli ultimi vent’anni ne abbiano – non dico abusato – ma fatto forse l’unica bandiera per la lotta, forse sarà anche in parte vero, e non a caso fanno fatica ad aggiungerci una propositività politica. Però d’altro canto leggendo i punti programmatici di L’Altro Sud, tutto o quasi sembra scomparso. E’ vero c’è scritto “difesa dell’identità storica e territoriale”. Ma, onestamente sembra poco. Mi è stato detto: “…vedrai, al momento giusto…”. Ma perché ci si dovrebbe vergognare a dichiararlo? Per quale ragione non deve esplicitamente essere uno dei dieci punti dichiarati?

L’architetto e amico Nando Dicè, tra i più arrabbiati e veementi meridionalisti, ha scritto settimane fa un pezzo, che reputo bellissimo, dal titolo “Il passato che non passa” dove dice: “Quando indichiamo la bandiera delle Due Sicilie noi indichiamo l’identità del popolo meridionale, solo i miopi o quelli in mala fede, possono vedere una nostalgia o dei sentimenti antistorici. Il passato è importante. Molti ci chiedono ma perché parlare del passato? Noi non parliamo “del passato”, ma parliamo dell’inizio, l’inizio di un problema, un problema che si chiama “questione meridionale”, un problema che non è ancora risolto ed è più attuale che mai.”.

O ancora: “Noi non parliamo del passato, ricordando il passato. Parliamo dell’inizio del problema.”.

O potremmo citare il magnifico scritto di Nicola Zitara intitolato “Il debito storico” dove dice con la consueta forza e chiarezza: “Il risarcimento è invece un'esigenza politica…”e dopo: “Il Sud era ed è rimasto, nel sistema italiano, un prolungamento demografico, ferroviario, stradale, aeroportuale. C'è abbastanza in quanto elencato per pretendere un risarcimento dei danni, cosa di cui prima o poi si occuperà una qualche corte di giustizia e comunque, politicamente, l'azione popolare!”.

Si è combattuto da anni per il recupero della memoria storica, perché i meridionali (e non solo) sapessero e con l’ardente speranza che la verità venisse riconosciuta. Ora dovremmo dimenticare di nuovo tutto, buttare a mare queste argomentazioni, farle sparire o sottacerle in un programma che finalmente s’affaccia sul panorama politico. Dovremmo non gridarle e rivendicarle con orgoglio e passione proprio ora che s’affaccia l’alba della tanta auspicata rappresentatività politica. Insomma dovremmo buttare il bambino assieme all’acqua sporca? Pragmatismo sì, atteggiamenti meno autocommiserevoli sì, ma i conti con la storia vanno fatti, dobbiamo farli noi ma anche lo Stato italiano , il Nord, questi governi e queste opposizioni, senza preoccuparsi di pronuciare la parola Borbone, perché con loro coincide (tra pregi e difetti) un passato degno e di spessore del Sud, e con loro sì è interrotta la crescita, lo sviluppo e l’autonomia del Sud. Senza nostalgie eccessive ma anche evitando analisi che dimenticano o marginalizzano i metodi e gli eventi del processo unitario.Va preteso che tutti sappiano e che tutti (Stato italiano compreso) lo riconoscano e ce lo riconoscano! Lo si deve innanzitutto ai martiri e a quei resistenti chiamati briganti, anch’essi forse troppo scomodi da rinominare nelle metodologie dell’attuale politica.

In definitiva ai nuovi movimenti politici va data anima, passione, senso d’appartenenza, che è poi l’humus, l’appeal, che crea aggregazione nel popolo, esaltandone in modo sano (e non dirigistico) quella reattività, quel giusto livore popolare. Insomma figli d’un altro Sud, raccontandone la positività, ma consci di cosa è successo loro, di cosa la storia ha combinato a loro e a le loro terre.

Questa la miscela, questo il doveroso equilibrio.

E poi le parti, quelle più propositive dovrebbero parlarsi, confrontarsi, evitando elitarismi, immodificabilità del proprio verbo di cui il Sud non ha bisogno. Per questo noi battitori liberi (ad oggi) combattenti ci adoperiamo.

Ah dimenticavo….dimenticavo la quarta (o prima) posizione, quella “tosta”, esaltante, difficile, odorosa di pregnante dignità, che certe precarietà di strategie politiche spingono a riconsiderare: la posizione del maestro Nicola Zitara: “il separatismo”.

Meditate gente, meditate…

Andrea Balìa