giovedì 17 marzo 2016

Il 17 marzo noi non festeggiamo!!!


Probabilmente non esisterebbe il Partito del Sud se non fosse stato per lo shock dovuto alla scoperta di cosa realmente è stato il cosiddetto “risorgimento” per il meridione d’Italia. Tant’è che anche nello statuto del Partito Del Sud è presente un punto che sottolinea la nostra linea identitaria, culturale e storica e non a caso a livello nazionale il Partito del Sud nacque proprio a Gaeta quasi 10 anni fa e non a caso il nostro movimento nacque proprio dopo iniziative locali nella stessa Gaeta del nostro Antonio Ciano che lì già da anni parlava di questi argomenti storici in ottica revisionista e fu il primo autore di un libro polemico e sanguigno come “I Savoia ed il massacro del Sud” che ha avuto parecchi lettori e molti di questi che si sono avvicinati, anche dopo questa lettura, alla causa meridionalista. E non è la prima volta che parliamo e protestiamo contro l'istituzione di una festa nazionale il 17 marzo....

In effetti parecchi di noi sono rimasti colpiti dalla scoperta di una verità a lungo nascosta dalla storiografia ufficiale e mai studiata a scuola, di sapere di stragi, di fucilazioni sommarie, la legge Pica, l’eccidio di Bronte, l’assedio di Gaeta, Casalduni e Pontelandolfo, Fenestrelle, etc etc, tutti episodi oramai ben noti e sui quali non ci interessa disquisire a lungo su numeri e sui fatti, una cosa in sintesi oramai è certa e nota a molte più persone di anni fa, la storia non è quella che ci hanno raccontato di “liberatori” venuti dal nord e che ci hanno portato “libertà” e “progresso”. Certo non vogliamo esagerare cifre, numeri e fatti e lasciamo agli storici il compito di continuare ad indagare, senza preconcetti o verità precostituite, non vogliamo nemmeno basarci su questi fatti per rivendicazioni nostalgiche o impossibili ritorni al passato, ma la nostra Storia è importante e va studiata, approfondita e compresa per bene, senza trascurare alcune fonti e accettarne solo altre e senza liquidare un periodo importante come quello del Regno delle Due Sicilie con le sue (molte) luci ed (alcune) ombre solo in base alla lettura del vincitore piemontese e garibaldino.
Se consideriamo la lista delle stragi post-unitarie, soprattutto quelle commesse nel nome della cosiddetta “guerra al brigantaggio”, questa è lunghissima, e non è per mancanza di rispetto che non citiamo altri luoghi martiri per la mano sanguinaria del “fratello d’Italia” giunto dal Piemonte con il fucile carico, e parlante una lingua sconosciuta, e che da fratello proprio non si è comportato….su questi argomenti oramai c’è una letteratura molto vasta, alla quale si sono aggiunti negli ultimi anni giornalisti e storici seri come il nostro amico Gigi Di Fiore e soprattutto persone semplici ma oneste e con la voglia di spulciare archivi e fonti d’epoca come il nostro Presidente Onorario Antonio Ciano, un antesignano del revisionismo meridionalista.
Uno dei luoghi simbolo di questa tragedia nascosta è il Real Ponte Borbonico, gioiello di arte e di architettura, voluto da un grande Re come Ferdinando II col suo napoletanissimo “lassate fa ‘o uaglione”, dette l’incarico a Luigi Giura.  E’ per noi un luogo simbolo per tante cose,  innanzitutto dimostra una volontà ed una grande capacità tecnica e realizzativa che avevamo nel nostro ex Regno con il primo ponte sospeso in Italia e nell’Europa continentale, e paragonata alla povertà di strutture di oggi del nostro Sud questo ci dice tante cose, ma il Ponte è anche il luogo di un’ importante battaglia tra borbonici e piemontesi, con una strenua difesa dei “nostri” soldati rimasti fedele al loro Re e che parlavano napoletano o abruzzese o pugliese o calabrese. Questi nostri soldati che avevano prima respinto i garibaldini e poi inizialmente sul Garigliano avevano ben difeso le postazione e respinto i primi attacchi dei bersaglieri piemontesi, furono costretti a ritirarsi solo dopo l’abbandono della nave francese e l’arrivo delle navi piemontesi che iniziarono a cannoneggiare i borbonici che furono così stretti tra due fuochi; fu l’ultima battaglia prima poi di Mola e dell’assedio di Gaeta, quindi la battaglia sul Garigliano fu tra gli ultimi episodi della  resistenza all’invasore di un Regno all’epoca riconosciuto da tutti gli Stati e trattati internazionali.
Abbiamo saputo che proprio presso il “nostro” Real Ponte sul Garigliano, che ha resistito parecchi altri decenni e addirittura fino alla 2 guerra mondiale quando fu bombardato e solo recentemente ben restaurato, sarà nei prossimi giorni oggetto di un evento. Quest’evento fatto proprio di 17 marzo, data di proclamazione di quel Regno d’Italia che di fatto fu un estensione territoriale del Regno di Sardegna aggressore del Sud (non a caso Vittorio Emanuele II restò Vittorio Emanuele II e la prima legislatura del neonato Regno d’Itala fu l’VIII legislatura…) , fatta proprio lì sul Ponte e che vuole ricordare i 155 anni dell’unità d’Italia,  a nostro avviso manca di rispetto alle migliaia di meridionali e non che si sentono offesi da questa data utilizzata come ricorrenza.
Non per rinnegare un’unità oramai raggiunta, anche se ancora scarsamente praticata nei diritti fondamentali, ma noi ci sentiamo offesi dal festeggiare il 17 marzo, offesi da una festa che osanna un aggressore che ha stuprato donne e bambini fin sopra gli altari sacri delle chiese dove si erano rifugiati i nostri contadini, ha massacrato anche preti e vecchi,  donne e bambini che ha bruciato vivi nelle loro umili case. Erano i nostri avi, il nostro popolo. Una festa inopportuna, e inopportunamente voluta in uno dei luoghi simbolo di quello che a mezzogiorno ancora non è perdonato del tutto e ancora non è ben digerito, soprattutto se poi all’origine del colonialismo  del belpaese che ci ha visti sempre come “briganti o emigranti”. Un luogo oserei dire SACRO il nostro Real Ponte sul Garigliano, un po’ come lo è il fiume Sand Creek (per un episodio di strage avvenuta singolarmente negli stessi anni guarda caso…) per i nativi americani. E un po’ come festeggiare Hitler davanti al museo dell’olocausto di Tel Aviv o davanti ai cancelli di Auschwitz oppure festeggiare Ataturk nella strade di Armenia. Perlomeno inopportuno, se vogliamo essere buoni e un pugno nello stomaco bello e buono al meridione, alla sua storia e alla sua gente. Noi il 17 marzo non festeggiamo!
Ci meraviglia molto intanto, che tale iniziativa venga promossa proprio da chi della storia e dell’archeologia ne fa un mestiere. E il coinvolgimento delle scolaresche locali, per incidere ancora una volta su quella storia scritta dai vincitori che studiano a scuola e un altro pugno nello stomaco per chi come noi vorrebbe studiare la vera storia, e non quelle favolette eroiche deamicisiane che nulla hanno a che fare con la storia.

Per rispetto alla nostra storia e alla nostra identità, senza nessuna volontà nostalgica o separatista e nel pieno rispetto delle leggi del nostro paese, noi protestiamo contro questa festa irriverente che avrà luogo la mattina del 17 marzo e contro chiunque vuole festeggiare questa data e ricorrenza per noi nefasta ed anzi invitiamo pacificamente i nostri iscritti e simpatizzanti a manifestare con noi in loco contro questa festa, come già fatto in passato a Gaeta ed in altri luoghi. 
Il 17 marzo noi del Partito del Sud non festeggiamo!




Antonio Rosato & Enzo Riccio
Partito del Sud - Lazio

http://partitodelsud-roma.blogspot.com
www.partitodelsud.eu

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